24 maggio, 2007

Onorevole, la smetta!

Finalmente... in questi giorni infuria la polemica sui costi della politica. Pare sia la prima industria italiana. Schiere di nullafacenti o, peggio, faccendieri pigliano stipendi d'oro ed a pagare siamo noi.

Che dire poi degli ex onorevoli che, con pensioni da 3000 euro in su dopo soli 5 anni di legislatura alle spalle, gravano per milioni di euro ogni mese sulle nostre spalle?

Diritto acquisito? OK ... facessero i pensionati. Che dire di quando si riciclano a fare gli assessori nei paesini e, memori degli antichi fasti, battono in testa farfugliando di mega-progetti?

Oltre alla beffa, il danno!

Corte Franca docet.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

però tieni presente che per certi "onorevoli" l'importante è l'ESTETICA: basta quella a tutelare l'ambiente!
è per questo che il mega progetto industriale in area agricola deve prima passare da... un salone di bellezza!

Anonimo ha detto...

Purtroppo l’onorevole non la smette!
E continua a parlare…e si meraviglia della disaffezione alla politica , anzi in pratica dice che è un’invenzione dei media: non ascolta neppure il suo sindaco che, per averla toccata con mano (la disaffezione), lancia un appello sulla stampa, pensando che essa si possa sciogliere in una tazzina di caffè (o è meglio un bicchiere di bollicine?), incontrandosi al bar, invece che nel Palazzo!

Giornale di Brescia, 28 giugno
Stimolare una politica sempre al servizio del cittadino

Qualche giorno fa il suo giornale ha pubblicato una lettera a firma del dott. Carlo Zamboni, responsabile organizzativo di An, titolata «Politica sotto attacco». Nonostante la distanza politica che ho nei confronti del partito che lui rappresenta la condivido pienamente. È molto strano in primo luogo che venga enfatizzato in ogni luogo ed in ogni maniera il libro di Stella e Rizzo sui costi della politica, che pur toccando anche alcune questioni meritevoli di attenzione, è piuttosto banale per la ciclica ripetitività degli argomenti. - È strana poi la coincidenza temporale con la pubblicazione delle intercettazioni telefoniche, senza alcuna rilevanza penale, sul «caso Ricucci» che gettano discredito su alcuni leader sia del centrosinistra che del centrodestra così come è strano che il presidente della Confindustria Montezemolo, persona sempre equilibrata e tenue nei toni, impugni la clava menando fendenti di inusuale violenza sul governo, sull’opposizione e sui sindacati. - Inoltre su molti media è quasi corale e quotidiana l’affermazione, non si sa da cosa documentata, di una disaffezione e di un astio quasi prerivoluzionario dei cittadini nei confronti della politica. Pare di assistere al tentativo di ricreare il clima del 1992-93, quando con uno «Tsunami mediatico-giudiziario», alimentato da convergenze ancora tutte da esplorare, venne spazzata via in pochi mesi una intera classe politica (buona e cattiva) e partiti profondamente radicati nella società che avevano governato per decenni il Paese e non certo negativamente. - Il risultato di allora fu piuttosto modesto. Vennero cancellati dei partiti e anche tante professionalità politiche valide e pulite. Altri partiti nacquero, la politica venne spettacolarizzata, venne cambiato il sistema elettorale con un maggioritario che pareva salvifico e che invece moltiplicò per quattro il numero dei partiti ed il potere di interdizione dei partitini. - Non si ebbe nessuna palingenesi politica, ma si ottenne la personalizzazione della politica, il forte ridimensionamento dei partiti intesi come strumento di partecipazione e una selezione della classe politica alla maniera di «Caligola». - E chiunque governi si trova paralizzato e ha difficoltà a realizzare un programma. Giunti a questo punto i casi sono due. O qualcuno vuole completare l’opera del 1992-93 sbaraccando gli attuali partiti e il residuo di classe dirigente in omaggio ad una nuovo mondo politico fatto da «onesti», «alacri», «preparati» provenienti (e funzionali) dal mondo della finanza e delle multinazionali e più portati al paternalismo che non alla democrazia. - E siccome sono pochi a rinunciare a compensi distanti anni luce da quelli della politica e a ricche stock option c’è da temere l’ulteriore rosicchiamento dell’osso delle residue aziende pubbliche e un futuro per il popolo italiano di tanto mercato ma di poche garanzie sociali. Oppure c’è una voglia seria e disinteressata di stimolare la politica a rigenerarsi e ad animare uno stato più efficiente e dinamico al servizio dello sviluppo del Paese. - La prima ipotesi non va bene perché in essa c’è odore di insofferenza per la democrazia e di annullamento di ciò che rimane di partecipazione e di controllo civile. - La seconda ipotesi va bene se correlata da precise diagnosi dei mali della politica e delle istituzioni e da proposte precise e concrete di riforma. - Sparare nel mucchio ed alimentare qualunquismo non serve a nulla se non impedire una rinascita della politica, allontanando il concorso popolare che è necessario in qualsiasi fase di rinnovamento e soprattutto in una fase in cui bisogna superare la difesa acritica di tanti piccoli interessi ed egoismi. - Chi mastica un po’ di politica avverte il pericolo, ma la diagnosi non basta. La politica deve difendersi e deve migliorare. - Al di là delle collocazioni di maggioranza e di opposizione va riscritto un patto di difesa e di valorizzazione della democrazia rappresentativa, della selezione democratica della classe dirigente, di allargamento della partecipazione e soprattutto per la credibilità e l’autorevolezza della politica. - Occorre certamente eliminare alcuni privilegi dei politici (senza però farli diventare dipendenti di lobby varie o senza riservare gli incarichi istituzionali solo ai più abbienti), occorre sfoltire la giungla di enti, società, consorzi, etc. - Ma è anche necessario ribadire la nobiltà di tanti sindaci, assessori, presidenti di case di riposo, etc. che lavorano per la comunità assumendosi rischi personali e sottraendo tempo alla famiglia e alla carriera con indennità mensili talmente misere per cui certi grandi moralisti non concederebbero nemmeno una mezz’ora del proprio tempo. - Occorre concordare una serie di riforme, da quella elettorale, che valorizzi il ruolo dell’elettore ed elimini la frammentazione ed alcune piccole modifiche costituzionali che accelerino la produttività delle istituzioni e consentano la piena assunzione di responsabilità da parte di chi governa. - Occorre che la politica, al di là dei vari ruoli, conti di più soprattutto nella difesa dei cittadini oggi sempre più indifesi nei confronti di una burocrazia ottusa e vessatoria,veramente ci troviamo a difenderci da amministratori sempre più alle prese con servizi scadenti e alla mercé dello strapotere e della voracità al limite della truffa di fondamentali operatori privati determinanti nella vita delle famiglie e delle aziende. - Ma soprattutto la politica deve nobilitarsi anche negli atteggiamenti: basta risse verbali nei «talk show», basta proposte propagandistiche fini a se stesse, basta insulti agli avversari, basta sudditanza nei confronti dei media, basta promesse che non si è in grado di mantenere. - Necessita recuperare la compostezza e l’autorevolezza dei grandi personaggi della prima Repubblica che pur in contrapposizioni aspre e sovente drammatiche riconoscevano sempre il ruolo dell’avversario ed il rispetto per chi rappresentava. La politica deve dare esempio di compostezza e autorevolezza. - Come si può dar credibilità a chi si cimenta in risse da cortile o accetta lo stile delle trasmissioni spazzatura? - Queste questioni sono urgenti e forse prepolitiche. Ci sarebbe poi da dire tanto sul bipolarismo impotente, sulla omogeneità delle coalizioni, sul ruolo dei partiti e certamente saremo obbligati a farlo tra non molto. - Ma prima progettiamo e tracciamo dei binari su cui possa correre in maniera autorevole la politica italiana, nelle sue contrapposizioni, nelle sue diversità e nelle alternanze ma sempre al servizio del cittadino e al riparo da appetiti né nobili e né utili ai cittadini. - On. GIANNI GEI - del comitato provinciale - della «Margherita» - Corte Franca –